Il nostro editorialista, il Generale Manlio Scopigno, spiega in che modo lo strumento militare sta sfruttando lo sviluppo delle nuove tecnologie. Siamo in quello che recentemente è stato definito un "momento Oppenheimer", ovvero un momento di consapevolezza che le nuove tecnologie, specie l'intelligenza artificiale, possono condurre l'umanità verso scenari apocalittici qualora le stesse siano utilizzate in modo deviante. Vale lo stesso per le applicazioni militari? Quali sono i benefici e i rischi? In quali settori la Difesa sta applicando le nuove tecnologie? Argomenti cui si cercherà di dare risposta in un quadro d'insieme sintetico nel video editoriale.
Nel video editoriale di oggi affronterò un tema che è quello del progresso tecnologico e come questo progresso tecnologico si riverbera nei sistemi militari. Rispondendo ad alcune curiosità che mi sono state poste come: lo strumento militare è al passo coi tempi? In che modo sfrutta le nuove tecnologie? E, soprattutto, quali sono i problemi legati allo sfruttamento delle nuove tecnologie?
Prima di iniziare devo fare due puntualizzazioni: intanto, che cosa si intende per “sistemi militari”. Per “sistemi militari” si intendono sia quelli che sono dediti al comando e controllo, cioè alla trasmissione degli ordini, sia quelli che afferiscono invece ai sistemi d’arma, dove per sistemi d’arma si intende sia l’arma vera e propria, sia tutti quegli apparati a essa connessi che consentono, appunto, di poter funzionare e agire con maggiore efficacia.
L’altra precisazione invece riguarda il progresso tecnologico. Che cos’è il progresso tecnologico? Ci sono diversi misuratori per poter dire che si sta progredendo tecnologicamente, uno di questi potrebbe essere: quali tipi di benefici nei servizi si ottengono con la stessa quantità di lavoro; un altro indicatore potrebbe essere quanti investimenti si fanno nella ricerca e sviluppo.
Un altro indicatore che ci è utile per capire come si sta sviluppando la tecnologia è quello della diffusione delle tecnologie innovative. Vorrei prendere, ad esempio, un aspetto che adesso va per la maggiore, ed è l’istituzione e lo sviluppo del Web 3.0. Ora direte, ma che c’entra il Web 3.0 con i sistemi militari? Il Web 3.0 è un’evoluzione del World Wide Web Internet, ricordando che il Web 1.0 era quello dei primordi in cui l’utente accedeva con una parola chiave e questa parola chiave veniva collegata a una serie di siti dove si potevano trarre delle informazioni, quindi, era “un po’ a senso univoco”.
Il Web 2.0 è un’evoluzione caratterizzata da due elementi essenziali, ovverosia la capacità di mantenere i dati su un cloud esterno al computer dell’operatore, anche una grande mole di dati, e l’altra è quello che in realtà i soggetti che entravano in Internet potevano interagire attraverso i social media, e questo è il Web che stiamo in questo momento utilizzando maggiormente.
Il Web 3.0 è un Web fondato su tre elementi principali. Per ciascuno di questi elementi andiamo a vedere come lo sviluppo consente alle tecnologie militari di fare passi avanti. I tre elementi del Web 3.0 sono: Blockchain, Intelligenza Artificiale e la realtà virtuale.
La Blockchain è un registro distribuito che archivia i dati, quindi i dati non sono più su un cloud, ma sono diffusi in una rete collegata da nodi degli utenti che sono gli appartenenti a questa rete. Quali sono le caratteristiche? Intanto la sicurezza, perché le informazioni viaggiano in maniera crittografata, non c’è più un cloud che può essere bucato e quindi non c’è la possibilità di accedere a quei dati, e i dati possono essere scambiati solo previo consenso di tutti. Se la blockchain è una tecnologia che da questi vantaggi, quali sono i vantaggi militari di utilizzare una rete con blockchain? Una rete così è meno soggetta ad attacchi Cyber. Inoltre, immaginiamo che a questa rete siano collegati dei sensori sul terreno che consentono di fare rilevamenti dello spostamento di truppe nemiche, della rilevazione di campi minati, qualsiasi cosa. Immaginate che tutti questi sensori siano in una rete protetta con blockchain che forniscono ai decisori la situazione del momento. Questo è un grande passo avanti e su questo ci si sta muovendo sia a livello di Unione Europea, con dei progetti finanziati proprio in questo senso. Lo stesso esercito italiano, con un documento che ha emanato pochi mesi fa, che si chiama “Esercito 4.0”, dà un po’ la visione sul futuro di come questi sistemi dovrebbero funzionare, immaginando il mezzo, che sia un carro armato, che sia un mezzo meccanizzato, eccetera, attorniato da uno sciame di sensori in una rete Blockchain che consente lo scambio di dati e di avere quella che, in termini tecnici, si chiama “Common Operational Pictures”, cioè la visione comune di quello che sta accadendo attorno al mezzo.
Il secondo elemento del web 3.0 è l’Intelligenza Artificiale. Sull’IA ci sono fiumi di non solo letteratura, ma anche di notizie più o meno allarmanti di come poter gestire questa Intelligenza Artificiale. Che cos’è l’intelligenza in generale? È la capacità di fornire soluzioni a situazioni impreviste. Si differenzia dalla comprensione perché, andando a citare un detto molto comune, la comprensione è la capacità di fare meglio le cose che si sapeva di poter fare, ma l’intelligenza invece è quella capacità di fare meglio le cose che non si sapeva di poter fare. Quindi il passo di un’Intelligenza artificiale dovrebbe essere quello di fornire soluzioni che non siano dettate da una serie di istruzioni, ma avere la capacità autonoma di prevedere quello che può succedere data una situazione di fatto. Come si struttura una intelligenza artificiale? Intanto bisogna avere una mole di dati su cui attingere che è abbastanza corposa. L’intelligenza artificiale commerciale si basa sulla mole dei dati che si che c’è Internet. È chiaro che un’intelligenza artificiale che debba essere sfruttata dai militari, dai sistemi militari, non può basarsi su Internet, quindi deve essere creata ad hoc con un database creato ad hoc. Oltre la mole di dati, l’intelligenza artificiale si basa sulla statistica, ovverosia la capacità di associare dati, parole, forme di ragionamento, attraverso la statistica. L’a altro elemento fondamentale per l’intelligenza artificiale è quella di poter osservare i risultati e avere una capacità di miglioramento. Detto questo, come l’intelligenza artificiale viene sfruttata in ambito militare? Innanzitutto, tutto il processo decisionale che consente al comandante di poter attuare un piano e di renderlo operativo, scegliere tra diverse possibilità, può essere fornito dall’intelligenza artificiale. Quello che noi chiamiamo in termini tecnici le “course of actions”, cioè le possibilità di muovere e combattere per un comandante, normalmente vengono fornite dal suo staff, il quale fa un’analisi molto accurata della situazione, del terreno, della posizione delle truppe nemiche, delle possibilità che hanno i nemici e dopodiché presenta al Comandante queste “course of actions”, normalmente ne presenta 2, 3, 4, in ordine di vantaggio rispetto alle truppe nemiche. L’intelligenza artificiale potrebbe fare questo in maniera autonoma, senza bisogno di avere grosse elaborazioni da parte dello staff e in tempi relativamente ristretti a tutti i livelli. Un grande vantaggio, però qui si apre un problema deontologico, ovvero: voi immaginate un comandante a cui, attraverso l’intelligenza artificiale in pochi secondi, vengono fornite delle “course of actions”, come il comandante può subentrare all’intelligenza artificiale con la propria sensibilità, la propria professionalità, il proprio background, se non conosce qual è il modo in cui l’intelligenza artificiale è arrivata a quei risultati? Perché, quando un risultato viene presentato dallo staff, c’è un’interazione, c’è una richiesta di spiegazioni: perché? Come ci siete arrivati? Avete analizzato questo? Ma quando ti trovi il prodotto fornito dall’intelligenza artificiale, tutto questo ti è sconosciuto e quindi può accetti quello che ti dice l’intelligenza artificiale come “course of actions” migliore, oppure nulla. Ma a questo punto un comandante che si trova una “course of actions” probabile e migliore da parte dell’intelligenza artificiale, che fa? La prende così, sic et simpliciter? Oppure non la prende, perché pensa che c’è qualcosa che non va? Ma non prendendola, in quali conseguenze di natura morale e legale potrebbe andare incontro? Ecco, questo è un campo che dà veramente spazio a numerose speculazioni. Grazie a Dio su questo non ci siamo ancora arrivati, anche se gli strumenti per poter prendere decisioni sulla base di “course of actions” di un’intelligenza artificiale ci sono e ci potrebbero essere tranquillamente, potrebbero entrare già nei sistemi procedurali delle Forze Armate. In ogni caso, e questo già c’è, l’intelligenza artificiale consente aggregazioni di dati logistici, fare proiezioni sulle capacità logistiche, quando c’è necessità di fare i rifornimenti, dove, quanta autonomia hanno alcune Unità, o come potrebbero risparmiare carburante, e così via, tutto questo in tempo veramente ristretto. Inoltre, l’intelligenza artificiale può fornire un’analisi dei report di intelligence, fare proiezioni su quello che viene immesso nei report d’intelligence, e poi e l’intelligenza artificiale consente anche di fare simulazione.
Vi voglio dare due warning sull’intelligenza artificiale, perché finora abbiamo parlato bene, a parte il problema deontologico, però attenzione: l’intelligenza artificiale si basa su associazione di dati, quindi, ci potrebbero essere degli errori di associazioni dei dati che non possono essere controllati dagli umani. Vi faccio un esempio: io per curiosità sono andato su chat GPT e ho digitato “mi dici chi è il Generale Manlio Scopigno?”, la risposta che mi ha dato l’intelligenza artificiale è in parte, con dati assolutamente veri che mi appartengono, altri invece che non c’entrano niente. Si dice che il Generale Manlio Scopigno è stato Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, non è vero, non lo sono stato! Si dice che ho una passione per il calcio, non è vero, ma questo potrebbe essere perché c’è un mio omonimo molto più famoso che ha allenato il Cagliari, l’allenatore Manlio Scopigno, quindi qualche dato associativo è stato preso da lì, si dice che sono un appassionato di pesca, non è vero, questo non so proprio da dove possa essere stato preso. Quindi la capacità di associare i dati non sempre è corretta e potrebbe dar luogo a errori che sfuggono alla capacità di intervento umano.
Poi c’è un’altra questione importantissima, che è quella che tutto si basa su dati statistici, ma la statistica, benché possa dare significativamente una descrizione della realtà in maniera appropriata e veritiera, o molto probabile, in realtà non fa i conti con quelli che si chiamano i “cigni neri”. Cosa sono i “cigni neri”? La teoria del “cigno nero” si basa sul fatto che si credeva fino alla fine del ‘600 che i cigni non potessero essere neri, ma dovessero essere per forza bianchi perché l’osservazione dei cigni non aveva mai rilevato un cigno nero. Alla fine del ‘600 invece venne scoperto nell’emisfero boreale un cigno nero. Questo cambia radicalmente la visione, un evento inaspettato che rivoluziona tutto il modo di pensare sul cigno. Il “cigno nero” è un evento completamente inaspettato che la statistica non può prevedere, allora l’intelligenza artificiale nelle sue analisi dei dati esclude i “cigni neri”, che invece possono esserci. La capacità e la sensibilità umana di pensare che ci possa essere un “cigno nero”, ci fa assumere un atteggiamento, diciamo così, ‘protettivo’ nei confronti delle azioni che si stanno per intraprendere, cosa che l’intelligenza artificiale non fa.
Infine, il terzo elemento del Web 3.0 è la realtà virtuale. Su questo sono già in atto in la maggior parte degli eserciti, sistemi che consentono di creare una realtà sintetica per addestrare sia gli staff per prendere decisioni sulla base di un ipotetico scenario sul terreno, sia dei militari che devono operare su sistemi d’arma creando simulatori. In Italia c’è il Centro di Simulazione a Civitavecchia che consente appunto ambedue questo tipo di addestramento, ricordando però che l’addestramento virtuale non può mai sostituire in pieno l’addestramento sul terreno perché la realtà virtuale è ovattata e sintetica e non innesca tutta quella serie di emozioni e di atteggiamenti che invece possono essere tenuti sul terreno, quindi l’addestramento non potrà mai essere al 100% un addestramento virtuale, ma ha bisogno di poter essere esercitato sul terreno.
Vado alle conclusioni: riguardo le nuove tecnologie, le Forze Armate si stanno adeguando all’uso di queste e le stanno sviluppo. Certo che le nuove tecnologie hanno dei limiti che devono essere ben compresi, limiti strutturali, limiti dovuti al modo in cui funzionano queste nuove tecnologie, ma che aprono anche scenari deontologici su chi spetta l’ultima decisione, come assumersi le responsabilità che devono essere sempre umane, non possono essere mai responsabilità che afferiscono alle macchine. E’ per questa ragione che l’intervento umano in tutte le tecnologie innovative rimane imprescindibile.